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  • Immagine del redattoreTiziana Franceschini

CI CONSIGLIANO DI ANDARE DALLO PSICOLOGO CON NOSTRO FIGLIO, MA ABBIAMO DEI DUBBI...

Aggiornamento: 27 dic 2020


Spesso il consiglio di andare da uno psicologo dell’età evolutiva viene dato dalle maestre quando osservano nei bambini delle difficoltà nell’area cognitiva (disturbi dell’apprendimento), comportamentale (disattenzione, iperattività), affettivo-relazionale (isolamento, ansia da prestazione, problematica gestione delle emozioni negative) o altro ancora. Altre volte i genitori stessi notano nei figli dei comportamenti che destano loro preoccupazione, ma sono comunque riluttanti a portare il bambino da un professionista, di cui spesso non conoscono le modalità e gli obiettivi. Proprio per questo è utile analizzare e dipanare i dubbi più frequenti dei genitori.

Non sappiamo cosa dire a nostro figlio per portarlo…

Molti genitori dicono ai figli che vanno da un loro amico con cui parlare e giocare, altri chiedono allo psicologo di andare a fare i colloqui a casa propria. È bene rassicurare i genitori che ai bambini si può tranquillamente dire che si va da un dottore che aiuta le famiglie a stare meglio. Andare insieme da uno psicologo apre tra genitori e figli un tavolo di confronto che è la premessa del cambiamento, laddove al contrario una bugia mistifica la realtà, lede la fiducia del bambino e ostacola il cambiamento. Va specificato che andare a casa dei pazienti non è previsto dal codice deontologico e bisogna diffidare dei professionisti che accettano questa condizione.

Abbiamo paura che nostro figlio viva questa esperienza come traumatica…

Uno psicologo dell’età evolutiva ha tutti gli strumenti per adattare la relazione con il bambino alla sua età mentale ed emotiva, ma in ogni caso l’esperienza contiene in sè una minima dose di stress. Anche togliere il pannolino e andare il primo giorno a scuola sono eventi stressanti, ma è proprio la sana frustrazione insita nelle sfide evolutive che consente di crescere. Il confronto del bambino con lo stress permette allo specialista di valutare le sue reazioni, le difese, la forza dell’Io, la capacità di adattamento. La consulenza serve proprio a evidenziare le fragilità e le risorse del bambino, il quale da parte sua ha un’occasione per fare un’esperienza nuova che va nella direzione della crescita. Molti genitori spesso si ricredono rispetto ai figli, che dimostrano di avere molte più risorse di quanto essi immaginavano.

Temiamo che nostro figlio si senta diverso e problematico…

Le famiglie che sviluppano la motivazione ad andare da uno psicologo stanno attraversando una fase di cambiamento, rispetto alla quale l’adattamento trovato in precedenza non è più funzionale. Spesso il bambino si fa carico delle tensioni di tutta la famiglia, ma un bravo psicologo è in grado di ridefinire la domanda di aiuto (la problematicità del minore) per sottrae al figlio il ruolo di “capro espiatorio”. Quindi, non abbiamo un bambino problematico, ma una famiglia che ha bisogno di aiuto per cambiare. Il fatto che i genitori prendano atto che ci sono delle difficoltà insegna ai bambini che di fronte ai problemi non si fa finta di nulla, ma si cerca tutti insieme una soluzione.

Non ci va di andare da qualcuno che ci fa sentire giudicati…

Spostare il focus dal bambino a tutta la famiglia è rassicurante per il bambino, ma può essere penoso per i genitori, per cui possono emergere l’ansia del giudizio, il senso di colpa e la paura di avere commesso errori tali da compromettere lo sviluppo dei figli. Da una parte è un bene che i genitori si confrontino con l’idea dell’errore, perché in questo modo insegnano ai bambini che nessuno è perfetto e che neanche a loro è richiesto di aderire ad un irraggiungibile ideale di perfezione. Dall’altra parte, quelli dei genitori non sono propriamente errori, perchè la famiglia è in una fase evolutiva nuova, in cui le modalità educative che prima andavano bene ora non sono più funzionali. Responsabilizzare i genitori non serve a colpevolizzarli, ma a fargli capire che sono loro ad avere le risorse per cambiare, in modo da proporre al bambino nuove modalità di comportamento.

Non ci piace l’idea di delegare a uno specialista ciò che compete a noi genitori…

Lo psicologo non lavora sulla delega e il suo compito non è quello di sostituirsi ai genitori nella cura e nell’educazione dei figli. La partecipazione attiva dei genitori è necessaria, perché la consulenza non può avere effetto trasformativo se è centrata solo sul bambino. L’aiuto di un esperto serve ad attivare le competenze e le risorse dei genitori, in modo che essi trovino soluzioni nuove che attivano il cambiamento.

In conclusione, fare una consulenza psicologica vuol dire intraprendere un percorso di crescita, una sfida evolutiva comune al termine della quale la famiglia si ritrova più unita. In questo modo è possibile crescere insieme.

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