Abstract
Luogo privilegiato di connessione con l’inconscio, il corpo rivela se stesso con immediatezza e spontaneità, perché rispetto al verbale subisce in minor grado la mediazione di sovrastrutture, rappresentazioni e difese della mente. Il corpo non può fare altro che essere ciò che è: il nostro modo di sembrare è il nostro modo di essere, perché noi siamo il nostro corpo.
Esercitando la consapevolezza psicofisiologica, accediamo a un corpo che intrinsecamente si pone come luogo della diversità. E’ la diversità di un organismo in eterno mutamento, che non è mai lo stesso: un corpo composto di cellule che incessantemente muoiono e rinascono seguendo ritmi a loro peculiari; abitato da organi diversi, ognuno dei quali vibra secondo frequenze proprie e raggiunge un picco di attività in stagioni differenti e in ore specifiche del giorno; percorso da costanti micro-oscillazioni posturali, con cui in ogni momento tentiamo di ristabilire un equilibrio precario per trovare il nostro spazio vitale tra il Cielo (lo slancio della verticalizzazione) e la Terra (la forza di gravità).
Il corpo come luogo della diversità è composto di strati differenti, livelli che ospitano memorie, le quali si offrono alla nostra osservazione come fossili. La memoria del corpo racchiude la storia della specie umana (corpo filogenetico), le fasi di sviluppo del bambino (corpo ontogenetico), le caratteristiche della cultura di appartenenza e le esperienze peculiari della persona (corpo personale). Ogni livello rappresenta uno strato che si aggiunge ai precedenti, a cui si va a sovrapporre senza annullarli. La ricchezza e la diversità del corpo derivano proprio dalla possibilità di far rivivere questi strati, grazie a una serie di esperienze mirate e diversificate.
Punto di contatto tra il corpo filogenetico, ontogenetico e personale è la capacità trasformativa della consapevolezza psicofisiologica. Osserviamo noi stessi, la postura del corpo personale, modellata dalle abitudini e dalle tensioni muscolari. Lavorando in gruppo, ci poniamo in relazione con gli altri, divenendo consapevoli dell’origine relazionale della personalità: risaliamo indietro nel tempo al corpo del bambino, dipendente dagli adulti che gli hanno insegnato cosa esprimere e cosa tacere. Facciamo pace con il nostro passato e impariamo a osservarci astenendoci dal giudizio, con una serenità che consente di andare oltre l’individualità dell’io per contattare la fonte stessa della vita. Dopo aver svelato tutto ciò che è intimo e personale, rimane quell’essenza spirituale comune a tutti. Quando arriviamo alla profondità del corpo filogenetico, siamo un organismo pulsante di energia, un elemento dell’universo in comunione con tutto ciò che lo circonda.
Sentire di abitare il corpo nel qui ed ora, di essere frutto della nostra storia personale e di appartenere alla storia del pianeta ci permette di colmare quel vuoto esistenziale, quel senso di solitudine che deriva dallo scollamento tra uomo e natura, tra razionalità e istintualità, tra mente e corpo, tra conscio e inconscio.
Con la consapevolezza portiamo unità dove c'era divisione. L’essere riacquista armonia laddove sensazioni, emozioni e pensieri si sostengono a vicenda. Quando corpo, cuore e mente camminano insieme non c’è bisogno di difendersi e di mentire, perché siamo un tutt’uno con la nostra verità.
Così possiamo recuperare lo stato di grazia dell'Eden, perché il giardino delle meraviglie è intorno a noi, dentro tutti noi e in ognuno di noi.
"Il corpo consapevole: danzare il luogo della diversità", in: Altri sguardi. Modi diversi di narrare le diversità, (a cura di) Fabio Bocci, Capitolo 10, pg. 141-154, Pensa Multimedia, Lecce, 2013.
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